Giunto forse ad uno degli ultimi bivi della sua altalenante carriera, Balotelli ha ancora una volta fallito. L’ex Super-Mario, attorno al quale Cesare Prandelli, nel 2014, costruì una nazionale di belle speranze (poi miseramente naufragate durante la campagna iridata in Brasile), non ha saputo mantenere le aspettative neanche nella “sua” Brescia. Una carriera iniziata in discesa, carica di talento e costellata di opportunità: l’ Inter, la Champions League vinta a neanche 20 anni, poi il Manchester City, il Milan, il Liverpool, il rilancio in Francia, al Nizza prima e al Marsiglia poi.
Arrivato alla soglia degli “enta”, si sperava che Balotelli potesse finalmente pervenire a quella maturità la cui mancanza ha sicuramente condizionato – in negativo – i suoi anni migliori. La scelta di tornare a casa, in quella Brescia che di fatto lo ha adottato, sembrava la migliore in assoluto per il suo definitivo rilancio anche in ottica azzurra: durante questa estate ci sarebbe stato Euro 2020, poi rinviato all’anno venturo a causa dell’emergenza covid. Presumibilmente l’ultima chance per Super-Mario di tornare a esprimersi anche con la casacca di quella Nazionale guidata da Roberto Mancini, un tempo suo estimatore.
Ma i mesi fra le Rondinelle hanno visto più luci che ombre, sia in campo (dove Balotelli ha timbrato solo 5 sigilli in 19 presenze), sia, soprattutto, al di fuori di esso. Le sue continue assenze agli allenamenti, peraltro, sembra, senza motivazioni adeguate, hanno indispettito all’inverosimile il presidente bresciano Cellino, fino ad arrivare alla proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Da qui la notifica rescissione unilaterale del contratto, voluta dal numero uno delle Rondinelle. Ma non finirà qui: adesso inizierà il braccio di ferro più lungo, quello in tribunale.