Nella finale di Champions League franco-tedesca, il ruolo più importante è stato recitato da un “italiano”. Non l’arbitro Orsato, che pure è stato perfetto nella propria direzione di gara. Ma l’ex juventino Kingsley Coman, giocatore spesso martoriato dagli infortuni ma stasera ripagato, con ogni probabilità, dal gol più importante di tutta la sua carriera. Il Bayern Monaco mette in bacheca la sesta coppa dalle grandi orecchie spegnendo i sogni di gloria del Paris Saint Germain, che pure aveva guadagnato la prima finale di tutta la sua storia con grandi entusiasmi. Lacrime amare per Neymar e Mbappè, a ricordare che sì, anche i ricchi a volte piangono. Mentre la festa è tutta dei tedeschi, modello e filosofia agli antipodi di quella dei faraonici sceicchi d’oltralpe: la rosa dell’intero Bayern Monaco è costata molto meno del solo campione brasiliano di casa parigina, a riprova del fatto che abilità, lungimiranza e talento sono qualità che non si possono comprare.
Nella seconda frazione di gara, però, emerge nettamente la differenza di condizione atletica: da una parte una squadra che ha giocato una manciata di partite negli ultimi mesi, dall’altra una che invece aveva concluso il proprio campionato qualche settimana fa. Il Bayern Monaco conquista metri preziosi contro avversari stanchi e meno lucidi, e al 59° trova il gol che vale la Champions League: Kimmich pennella un gran pallone nell’area transalpina, e il grande ex Coman svetta di testa (non certo il pezzo forte della casa) superando Navas. La delusione per il PSG è palpabile: il sogno, per il quale son stati spesi centinaia di milioni di euro negli ultimi anni, è sfumato proprio quando sembrava essere a portata di mano. Il Bayern, invece, conquista la sua sesta coppa dei campioni e realizza il secondo treble.