Marcello Lippi e la sua Champions. Dopo 25 anni, la Juventus sembra orfana proprio di quello spirito in Europa.
C’era una volta la Juventus che vinceva anche in Europa. E non è stata un’eresia, soprattutto l’ultima Juventus che alzò al cielo la Coppa dei Campioni. Era una Juve granitica, formata da uno zoccolo duro di giocatori che furono ben amalgamati da Marcello Lippi, che dopo dieci anni vinse un Mondiale affidandosi – guarda casa – ancora una volta a un blocco Juve.
E ci sono rimpianti, sospiri, ma anche sensazioni strane per il tifoso bianconero che, ogni anno, inconsapevolmente guarda sempre a quella squadra di campioni come se fosse una sorta di mantra dal cielo.
No, il paragone è completamente inesatto. La Juventus di Lippi vinse la Coppa asfaltando gli avversari, concedendo e alternando l’estetica allo strapotere, la bellezza alla forza fisica. Tutti magari ricordano la finale, ma il cammino fatto per arrivarci fu qualcosa di entusiasmante, i gol alla Del Piero, le sgroppate di Ravanelli, i colpi di testa letali di Vialli. Tanto per dire qualcosa degli attaccanti titolari, ma sapevano essere decisivi i gregari come Padovano che ne era il primo cambio, o addirittura Porrini in difesa.
Era il segreto di Lippi: tutti importanti, tutti capaci di svolgere il loro compito al meglio. Non a caso, Pessotto passato da una sponda all’altra di Torino segnò un rigore proprio in finale contro l’Ajax.
Partono i confronti con la Juventus di oggi, malinconicamente strapazzata anche dal Porto. L’intensità di Lippi è un lontano ricordo. La Juventus ha preso tre gol dal Porto nei primi minuti di una frazione di gioco e un altro per una colpa della barriera piazzata malissimo. Errori di posizione, di disattenzione e di prossemica. È chiaro che il colpevole non sia Andrea Pirlo, ma forse nemmeno Maurizio Sarri e Max Allegri (che uscirono con Lione e Ajax, non proprio squadre di élite).
La grande differenza tra la Juve 96 e quella odierna sta proprio nell’organico. Un organico multitasking, completo ed efficace. E non si parla di titoli: Torricelli a Torino arrivò dall’Eccellenza, Joao Cancelo di qualche anno fa era un terzino moderno bravo nell’attaccare ma inefficace nella fase difensiva. Così come a centrocampo, Conte e Di Livio insieme a Deschamps non erano famosi per il palleggio ma erano straordinariamente incisivi. Conte sapeva inserirsi di testa, gli altri due erano bravi a pressare e a rilanciare, con l’aggiunta di Paulo Sousa da regista o di Tacchinardi alla bisogna.
Nel centrocampo juventino attuale trovare la sufficienza nei due play centrali è una sorta di miracolo. Se funziona Mckennie, non va Bentancur. Se gioca bene Rabiot, Ramsey va in pausa. Per non parlare di Bernardeschi, che in una Juve come quella di Lippi forse nemmeno avrebbe visto il campo…