Keita deve svegliarsi nella Sampdoria: non è Lukaku, e ormai lo hanno capito un po’ tutti.
Le dichiarazioni di Claudio Ranieri su “Keità, non è Lukaku” sono una verità disarmante, che mettono in mostra un giocatore dal grande talento ma dalla continuità spesso inesistente. Keita Balde è uno dei tanti che, crogiolandosi con il suo talento, lo ha buttato man mano via, tra scelte di mercato sbagliate, l’ambizione di arrivare subito alla sicurezza economica (bontà loro) e la “caveza” che spesso non aiuta.
Che è un po’ il meccanismo necessario, a volte, per i giocatori di grande talento, ovvero stare nella soglia dell’apatia calcistica e poi mostrare la loro “cerveza”, anzi la locura. Ma ora deve svegliarsi.
Un colpo di tacco, una giocata straordinaria, un’intuizione: tutte cose che Keità ha nel suo bagaglio, ma raramente applica. E quanto detto da Claudio Ranieri nel prematch di Bologna-Sampdoria è l’assunto di un settantenne che ne ha viste di tutti i colori. Keità non è un giocatore imprescindibile, anzi appartiene a quella fascia di calciatori da rimpiangere magari se non ce l’hai, ma anche da piangere se lo si schiera in campo.
Negli ultimi periodi va a prendersi i palloni, visto che la Sampdoria non gioca propriamente in velocità, preferendo a volte uno sterile palleggio. E, proprio per questo, nella squadra di Ranieri deve fare il centometrista, perché non ha la verve realizzativa di Lukaku ma deve essere uomo assist in ogni dove, ergo svegliarsi.
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Il ruolo da prezzemolo dovrebbe essere quello di Keita, ma anche in questa Sampdoria sta faticando a trovare la continuità. Le quattro stagioni nella Lazio lo avevano maturato pian piano, con un’esplosione definitiva arrivata con Simone Inzaghi arrivando nel 2016-17 a segnare 16 gol in 31 partite.
Media realizzativa mai più ripetuta in una Lazio che, spesso e volentieri, realizzava quantitativi di reti non indifferenti (per almeno quattro volte segnò sei gol in un match). Keita era alla giusta maturazione, ma il contratto era in scadenza e Lotito doveva pensare a monetizzare. E lo fece alla grande con il Monaco che, a 12 mesi dalla fine del suo contratto, prelevò Keita per qualcosa come trenta milioni.
Praticamente la Lazio ricavò il massimo e Keita arrivo in Francia, segnando otto gol in Ligue 1 e rispedito poi in Italia per un prestito all’Inter. E anche in questo caso, era perfetto come giocatore mai continuo, un classico negli anni per i nerazzurri (basti pensare a Ljajic, Jovetic e altri talenti da una gara buona ogni venti).
Poi il ritorno in Francia e l’approdo in Liguria, come ultima meta. E qui dovrà ancora dimostrare di essere quel giocatore imprescindibile che tutti si auspicano. Un talento da guardare a vista d’occhio ce l’ha a pochi metri: si chiama Fabio Quagliarella, fa ancora gol impossibili ed è stato sempre decisivo in ogni sua avventura.