Oriundi, italiani di ritorno: la Nazionale è ad alterne fortune

Oriundi e la Nazionale italiana: un rapporto ritornato di moda da una decina di anni. Con esiti più o meno lusinghieri…

La storia degli oriundi nel calcio è sempre stata particolare, se non affascinante. Dai primi pionieri, che portavano storie, gol e anche episodi al limite del leggendario, a quelli dell’epoca moderna, è un viaggio che attraversa i continenti.

Gli oriundi sono gli italiani di ritorno, quelli che possono vantare su qualche avo per avere il passaporto italiano e giurare fedeltà al tricolore calcistico. Negli ultimi anni anche l’Italia, solitamente molto poca avvezza a questo reclutamento, si è dovuta ricredere.

Troppi stranieri, pochi italiani convocabili, così ecco la soluzione ideale, ripartita da Mauro Camoranesi: l’ex argentino divenne anche campione del mondo, era l’ala destra intoccabile dell’Italia di Marcello Lippi.

Se Camoranesi è stato il più vincente, nelle sue 55 presenze e 5 gol, quello più discusso e passato direttamente nella categoria dei “bidoni calcistici” è senza dubbio Amauri. Praticamente si era scatenata tutta l’Italia sulla possibilità di farlo diventare italiano e spendibile per la nazionale.

Un noto giornale sportivo aveva fatto partire una campagna stampa a dir poco incredibile, con la conseguenza di dover portare necessariamente in azzurro l’ex giocatore di Palermo e Juventus. Morale della favola? Una sola presenza e tanti saluti, non era Amauri il salvatore del calcio italiano.

Si aprono le frontiere, ecco tutti gli altri

Thiago Motta allenatore Genoa - Getty images
Tra gli oriundi recenti anche un mister: ecco Thiago Motta al Genoa lo scorso anno – Getty Images

Una presenza in azzurro l’hanno registrata anche Cristian Ledesma ed Ezequiel Schelotto. Se per il primo è stata un premio alla carriera, per l’ala ex Cesena, Catania e Atalanta è un altro mezzo esperimento poi non continuato. C’è stato chi in mediana ne ha avuto vantaggi, soprattutto in epoca moderna.

Partiamo direttamente da Thiago Motta, inspiegabilmente mai fatto esordire nei big della nazionale verdeoro, nonostante per anni il Brasile non avesse così tanta qualità in mezzo al campo. Ne ha approfittato l’Italia, Motta ha avuto in cambio anche la numero 10 agli Europei del 2016 (la stessa maglia di Totti e Baggio, tanto per capire).

L’ex brasiliano in azzurro ha raggiunto 30 partite e una rete, qualche gara in più del connazionale Eder, fermatosi a 26 presenze con 6 marcature, una delle quali proprio in quell’europeo già citato contro la Svezia.

Parlando di massime competizioni, citazione d’obbligo per Cristian Paletta, che dal Parma in poi seppe conquistarsi i galloni in azzurro, la convocazione e poi la titolarità nel Mondiale del 2014. Tre presenze per il difensore, qualcosa in più per Franco Vazquez, fermatosi a sei e poi accantonato.

Tra gli attaccanti menzione d’obbligo per Pablo Osvaldo, 14 presenze e 4 gol, ma più l’illusione di un altro bomber che poteva dare di più. Ora tocca ai vari Toloi, Jorginho ed Emerson Palmieri dimostrare che l’oriundo può e deve dare sempre un contributo necessario alla maglia azzurra.

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