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Milan di Capello da leggenda: il sogno terminò 25 anni fa

Il Milan di Capello concluse il suo ciclo proprio un 28 aprile. Era il 1996, con la vittoria del quarto scudetto in cinque anni.

I cicli terminano e le date ce lo ricordano. Il 28 aprile 1996 finì quello del Milan di Capello, con annessa discussione se era più forte del team di Arrigo Sacchi, che lo aveva preceduto. Paragoni che possono fare solo i milanisti, forse più per questioni di affetto.

Quello di Sacchi era un gruppo che esplose come un meteorite, il Milan di Capello era una macchina, programmata per vincere e lasciare poco agli avversari. Anche perché quel gruppo rossonero collezionava giocatori e figurine, molti andavano a Milano in quegli anni facendo panchina e poco altro, pensiamo a Papin, Lentini ma anche a Paulo Futre e a un giovanissimo Vieira.

Don Fabio era l’illuminato, l’uomo che in panchina poteva decidere le sorti di quella rosa. Una squadra con uno zoccolo duro, durato ancora per molto ma in evidente bisogno di un ricambio. Dopo quel 1996, infatti, l’addio di Capello coincise con un crollo firmato da Tabarez e poi dal ritorno di Sacchi. E un altro ritorno, proprio quello del tecnico friulano, la stagione successiva fu tutt’altro che felice, con il rammarico finale di una Coppa Italia persa in rimonta.

Il Milan di Capello finì sostanzialmente la sua epoca il 28 aprile 1996. Con grandi campioni e grandi prestazioni in conto.

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15° scudetto tutto da assaporare

Paolo Maldini era una colonna del Milan di Capello – Getty Images

Lo scudetto del 1995 fu importante, proprio perché gli avversari erano di livello. La Juventus aveva il tricolore dalla stagione precedente ma, a un certo punto, si concentrò sulla Champions League e la vinse per la sua seconda volta nella storia. Il Milan di Capello ebbe una maggiore continuità, vinse 21 partite e ne pareggiò 10, dando soprattutto l’impressione di essere solida.

Non a caso furono solamente 24 i gol presi da Sebastiano Rossi, che giocò tutti i minuti in quella stagione di Serie A. Era un Milan di Capello basato su un 4-4-2 molto mobile, Eranio e Savicevic erano più incursori, mente in attacco erano arrivate delle novità mica male.

Intanto, Roberto Baggio. Dopo cinque stagioni bianconere, sposò il progetto del Milan di Capello con una prima stagione fatta di numeri e buone prestazioni. La sua spalla era George Weah, il primo africano a vincere un pallone d’oro, arrivato dal Paris Saint Germain. Coppia di peso, indubbiamente, la qualità abbinata alla fantasia, nonché allo strapotere con il pallone tra i piedi.

C’era anche Marco Simone, come prima scelta, nonché un collettivo capace di tornare a vincere dopo una stagione magra. Fu il canto del cigno del Milan di Capello, quel 28 aprile la matematica premiò i rossoneri dopo la vittoria per 3-1 contro la Fiorentina di Rui Costa e Batistuta. Altri tempi, altro calcio.

Published by
Massimo Maneggio