Per qualsiasi calciatore l’incubo peggiore è quello di incontrare in partita un arbitro vendicativo. In questi casi non c’è via d’uscita se non la panchina.
Qualche tempo fa ho ritrovato in cantina un vecchio calendario del Trauma Park F.C.. Nella foto del mese di maggio c’eravamo noi giovani promesse del calcio. In squadra c’era anche Paolo J. Scriveggio, che avrebbe dovuto giocare solo a morra cinese. Era un ragazzino moro, ossuto, basso e stupido. Il suo numero di maglia il 17.
Una volta mi parlò delle imprecazioni nello sport «Nel 2016 un giocatore di calcio del Vaticano è stato squalificato una stagione intera per aver bestemmiato in campo. Si dice che sugli spalti c’era un anziano mezzo sordo che chiese al giocatore di ripetere perché lui non aveva sentito».
Paolo era scemo, ma studioso e sul calcio sapeva tutto «Secondo un antropologo italiano, diventare volgari nel gioco o allo stadio è segno di qualcosa che reprimiamo: la nostra rabbia non è sempre colpa dell’arbitro vendicativo. Mi chiedo, chissà da quanto tempo quel prete calciatore voleva bestemmiare?»
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Io e Paolo eravamo sempre in panchina, anche quando andavamo al campetto del prete. Un volta con noi c’erano anche Kim, e Rakib. Gli altri ragazzi giocavano osservati a distanza da ragazzine civette che si consultavano come inesperte talent scout del sesso.
Noi quattro ce ne stavamo in disparte su una panca di legno mezza rotta e piena di scritte illeggibili; aspettavamo il nostro turno sperando che qualcuno si facesse male. Eravamo un italiano, un brasiliano, un cinese e un pakistano.
Paolo si stava preparando per il compito di geografia sul Brasile. Andava bene a scuola, a volte studiava anche più del dovuto. Quel pomeriggio esordì dicendo «Lo sapevate che il Brasile è uno dei più grandi produttori di calciatori e alcolici del mondo?»
Poi proseguì come in un interrogazione; «Le campagne brasiliane sono piene di calciatori che non sono riusciti a sfondare e che finiscono per deprimersi e alcolizzarsi. Questo spiega come mai la cachaça è uno degli alcolici più bevuto al mondo e perché le donne del Brasile vogliono scappare altrove per trovare l’amore».
Paolo insisteva; «Se è vero che gli italiani sono fuggiti in Argentina su navi commerciali e gli africani vengono in Italia sui gommoni, è altrettanto vero che molte delle brasiliane che vivono in Europa sono arrivate in aereo fianco del marito europeo».
Poi rivolto a me chiede «Ma tua madre non è brasiliana?»
Ma Kim non mi da il tempo di rispondergli che interviene «E mia mamma che è cinese allora?» Paolo aveva sempre la risposta pronta «Lo sappiamo tutti che tua madre cucina da schifo il cibo orientale. Però è bravissima con le mani».
Kim avvilito doveva arrendersi all’evidenza e all’eredità del centro massaggi. Sentendo queste parole Rakib tirò un sospiro di sollievo «A me è andata meglio di tutti. Mia madre è stata costretta dalla famiglia a sposare mio padre, ma per fortuna a seguire la trattativa c’era il Mino Raiola dei matrimoni pakistani. I miei nonni adesso vivono di rendita. E tua madre Scriveggio?»
Paolo rispose spavaldo «Mia mamma è italiana, cresciuta con una convinta cultura cristiana. Già tanto che lei non sia diventata suora in qualche musical e mio padre un arbitro vendicativo». Mentiva. Era anche lui sud americano.