I cinque cambi, in vigore dall’estate del 2020, hanno spesso cambiato il volto di una partita. Soprattutto per chi aveva la panchina lunga a disposizione.
L’esperimento dei cinque cambi, ora allargato anche in campo europeo (a eccezione della Premier League) è diventato un elemento ormai immancabile nelle partite. Più che un esperimento, anzi, i cinque cambi sono la naturale conseguenza nei novanta minuti. In tre o quattro slot (considerato l’intervallo), ogni tecnico sa di poter giocarsi le sue carte a gara in corso, preparando partite ben strutturate e a tappe.
In particolare, il vantaggio maggiore lo hanno le rose ben coperte, dove c’è gente che corre soprattutto nell’ultima mezzora. Più spazio ai giovani e ai contropiedisti, meno a chi in campo non lotta. Non è un caso come in questa stagione raramente qualcuno si sia lamentato del poco spazio concesso: chi più, chi meno è entrato in campo comunque. Quasi come si fa nei dilettanti già da molte stagioni, dove i cinque cambi non vengono a volte realizzati per… mancanza di materiale umano.
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In Serie A è raro vedere chi rigetta questa opzione, anche se alcuni tecnici sono temerari nel fare un cambio massimo due a partita: Udinese e Torino, di frequente, non sembrano avere il braccio largo nel chiedere le sostituzioni.
Una mano dalla panchina, anzi due piedi
Tra chi utilizza sovente i cinque cambi c’è l’insospettabile Claudio Ranieri. Il più “anziano” ma anche il più temerario, perché spesso li fa nell’intervallo. Non cambia cinque giocatori, bensì tre o quattro proprio per dare una scossa alla squadra: come a dire, vi cambierei tutti. In qualche caso, ha ribaltato partite proprio così, dando direttamente l’impressione di una rivoluzione pronta nel secondo tempo.
Chiaramente, chi ha una maggior panchina se n’è spesso avvantaggiato. Prendiamo il caso dell’Inter di Antonio Conte, dove i gol sono arrivati dalla panchina grazie a Matteo Darmian. Per due volte l’esterno è andato in gol, diventando uno dei cinque cambi, e per due volte è stato decisivo.
Cosa molto simile anche all’Atalanta, che non manda in gol i laterali nel secondo tempo bensì la straordinaria batteria di attaccanti. Il cambio tra Zapata e Muriel è stato spesso una costante del gioco di Gasperini, il colombiano subentrante è stato spesso il più fresco o il più incisivo. Ma anche Ilicic ha fatto il suo partendo dalla panchina, nonché Pasalic, Miranchuk e Malinovskyi, dimostrando freschezza atletica e voglia di aggredire gli avversari.
Anche il Napoli ha spesso svoltato, ma quando aveva tutti gli effettivi. Cosa meno rara in Juventus e Milan, che dal cilindro dei cambi hanno attinto ben poco, qualcosa in più per i rossoneri l’hanno ottenuta solo con Rebic. A dimostrazione di come, rosa per rosa, ci siano delle diversità. In “zona mista” anzi… in “zona Caicedo” la Lazio, ma questa era già un’abitudine felice per i tifosi biancazzurri.