Paulo Dybala potrebbe raggiungere Michel Platini nella classifica dei capocannonieri bianconeri. Nella Juventus però c’è una grande differenza per quanto riguarda il contributo in campo.
Paragonare Paulo Dybala a Michel Platini è un’eresia, le statistiche fredde e algide, però, non guardano in faccia ai sentimenti. L’argentino è a pochi gol dal francese per quanto riguarda le marcature di sempre in bianconero. “Le Roi” è a quota 104, l’obiettivo può essere presto raggiunto, tralasciando anche l’attuale regola sul gol, che favorisce attualmente l’argentino (un tiro deviato è attribuito all’attaccante).
C’è una differenza abissale tra i due elementi offensivi. Sono dei giocatori diversissimi con un talento cristallino ma completamente all’opposto, anche per quanto riguarda il lato caratteriale. Il salto generazionale, mai come nel caso di questi due campioni, è abbastanza evidente.
L’argentino Dybala è il giocatore fashion, il fantasista con il cellulare quasi sempre in mano e con una vita parallela al calcio che spesso diventa molto più interessante. Perché quando le prestazioni non sono eccezionali, Dybala accende i riflettori su Instagram, dove la vita di coppia, le passeggiate con il cane o altre azioni che strizzano l’occhio ai millennial prendono il sopravvento.
Platini con il fine giustificava il mezzo, anche nella vita extra calcistica. Che non era di certo lustrini e merletti pur tirando frecciate una volta giunto in Italia. Da calciatore, da commissario tecnico della Francia e poi anche da opinionista e (quasi) capo del calcio mondiale. Memorabili i suoi discorsi, le sue battute, spesso tradotte da Gian Paolo Ormezzano.
In effetti, paragonare Platini con Dybala è come paragonare gli anni Ottanta con quelli attuali del Venti. Ovvero, paragonare un arco temporale di quarant’anni con vizi, virtù, manie e modi di fare. Se parliamo di campo, i pochi gol di distanza di Dybala sembrano però avere una sorta di abisso… culturale.
Dybala ha spesso regalato magie, ma non ha mai brillato per continuità, quasi come se, a un certo momento della stagione, sia subentrato sempre un accontentarsi o uno specchiarsi. È stato discontinuo con Allegri in varie annate, a tratti con Sarri (che però ne tirò fuori più concretezza in alcuni frangenti), con Pirlo ha giocato relativamente poco per vari acciacchi.
Platini, invece, ebbe due vite italiane, proprio come furono due gli allenatori alla Juventus. Il primo fu Trapattoni, e gli affidò in mano le chiavi del gioco, affiancandogli Bonini. E furono anni bellissimi per gli amanti del calcio, tre titoli di capocannoniere (e non era un centravanti), gol d’autore e colpi di talento incredibili.
Se per tutti è passato alla memoria e alla storia il gol annullato all’Argentinos Junior in Coppa Intercontinentale, in molti dovrebbero rivedere il gol realizzato al Pescara in Coppa Italia. Platini alzò il pallone, fece un pallonetto a scavalcare un muro di difensori e… il pallone fu ripreso con un tocco mandato in rete. Un’apoteosi del bel gioco.
Si ritirò nell’unica annata dove non fece moltissimo, la Juventus con Marchesi aveva avuto decisamente una flessione e lui lasciò il calcio in un pomeriggio decisamente uggioso.