Hector Cuper, da hombre vertical ad allenatore giramondo. Non sta avendo grande fortuna l’ex tecnico interista, costretto ad allenare in posti che con il calcio hanno poco da spartire.
Da tecnico pronto per vincere (o quasi) ad allenatore alla ricerca di ingaggi estremi. La parabola di Hector Cuper è diventata sempre più contorta, il mister argentino ha ormai un giro del mondo non troppo felice dalla sua parte.
Risultati che non arrivano, consigli sbagliati, poca lungimiranza di guardare al campo. Così, una carriera spesso assume contorni bislacchi, portando il credo calcistico in luoghi dove la priorità è ben altra.
Hector Cuper è ora l’allenatore della Repubblica democratica del Congo, l’ex Zaire tanto per dirla in termini brevi. Allenerà una selezione che solo una volta andò ai Mondiali e si fece riconoscere per un gesto che sapeva tanto di anarchia.
L’argentino, quindi, sta continuando il suo personalissimo giro del mondo, che sta portando pochi risultati e tanto mal di testa nelle tratte aeree. Le ultime panchine non sono state così celebri, partendo da quella dell’Aris Salonicco in Grecia. Poi, una puntata verso la Spagna, direzione Racing Santander. In seguito la ben più misteriosa panchina dell’Orduspor, quella più ricca sicuramente dell’Al Wasl, e il tragitto nelle nazionali. Prima con quella georgiana, poi quella egiziana (altra squadra con un cv non irresistibile), poi l’Uzbekistan e ora il Congo.
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Parlando di Hector Cuper i ricordi si accavallano, parlando comunque di un grande sconfitto. Due le finali di Champions League, entrambe perse con il Valencia. Prima contro il Bayern Monaco, poi contro il Real Madrid, molto più dolorosa. Al Valencia ebbe un grande merito: fece diventare pezzi pregiati Claudio Lopez, Mendieta e Farinos e, tranne nel caso dell’attaccante, la Serie A poi accolse due “pacchi” colossali.
Soprattutto, quel Valencia arrivava in finale ma sul più bello si inceppava, come se, in fondo, l’ultimo atto era qualcosa di troppo grande per il destino. Moratti gli diede fiducia, gliene diede forse anche troppa.
Perché fu Hector Cuper uno dei protagonisti del famigerato 5 maggio 2002. Quando il destino sembrava strizzare l’occhio all’Inter, ma sino a un certo punto. Perché l’hombre vertical si era fissato su Sergio Coincecao, nella sua peggior versione, e soprattutto su Gresko, ed era quasi impossibile trovare un’ala avversaria che non lo saltasse due volte a partita. Soprattutto, Cuper fu la scelta infelice nell’out-out di Ronaldo: o me, o lui.
Il brasiliano, dopo il mondiale giapponese, pose questa domanda a Moratti, e il presidente fece la scelta sbagliata. Perché fallì poi il doppio derby contro il Milan in Champions e fu esonerato all’inizio della sua terza stagione italiana.
E andò ancora peggio a Parma: retrocedette con gli emiliani e fu esonerato alla vigilia dell’ultimo match di campionato. Emblematica la ramanzina di capitan Morrone al momento di un cambio, quando l’hombre vertical si giocava le ultime chance di permanenza in Serie A mandando in campo un primavera sconosciuto.