Sette tecnici europei hanno una chiara impronta proveniente dalla Serie A. Volti noti e classici uomini buoni per tutte le stagioni hanno tratto beneficio dalle esperienze italiane.
I 24 tecnici europei sanno che spesso è la competenza trasversale ad avere la meglio. Ed è curioso come la statistica dia ragione a chi pensa come il mestiere dell’allenatore abbia un imprinting tipicamente italiano. Praticamente la media di un allenatore su tre conosce la nostra Serie A e ha trascorso in essa pagine importanti, alcune volte da calciatore e altre da trainer.
Precedenza patriottica per il mister della nostra Nazionale Roberto Mancini, che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni e approfondimenti. Curioso il caso di Marco Rossi, che a 58 anni ha esordito con l’Ungheria agli Europei. È stato un discreto difensore negli anni Novanta nella Serie A, poi ha allenato in giro per il mondo fino a scoprire un mondo magiaro pieno di soddisfazioni.
Della scuola italiana, sicuramente ha portato la meticolosità e la capacità di portare a casa i risultati: nelle qualificazioni, l’Ungheria non lasciava fiato ed era molto attenta in difesa. Chiaramente questa non è una competizione dove si chiedevano i miracoli alla squadra magiara, esserci è stato già un grande trionfo dopo i fasti del passato. Il pareggio contro la Francia equivale quasi alla vittoria di un’intera competizione.
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La colonia dei big
Sicuramente è Didier Deschamps quello che tra i tecnici europei a passarsela meglio, in generale. È arrivato alla competizione da campione del mondo, vorrà ripetersi e fare il bis di trionfi. L’esperienza juventina lo ha segnato da calciatore e da allenatore, quando dimostrò l’attaccamento alla causa andando in Serie B pur non conoscendone gli usi e i costumi dei cadetti. Ci mise impegno, fu fin troppo attaccato dai media e alla fine lasciò l’incarico dopo aver ottenuto la promozione: voleva Benzema e Mascherano, la dirigenza bianconera dell’epoca propose Iaquinta, Grygera e Andrade.
Sicuramente non è andato meglio, tra i tecnici europei, a Frank De Boer. La sua avventura interista non è mai decollata, era stato preso quasi come un ripiego dopo le dimissioni di Mancini nell’estate del 2016. Ci mise anche del suo l’olandese, portando in campo un Inter spaesata che faceva confusione nei suoi moduli.
Paulo Sousa invece da allenatore alla Fiorentina partì con grandi attese, addirittura fu primo in campionato ma non si dimostrò continuo nel corso del tempo. Un po’ come da calciatore (Juve, Inter e Parma le sue mete) e da mister. Tante avventure, mai un segno deciso, che sia trainer della Polonia è ancora una sorta di rebus da chiedere a Zibì Boniek, presidente della federazione.
Decisamente incerte sono le ultime ore per Andriy Schevchenko e a Vladimir Petkovic. Hanno plasmato l’Ucraina e la Svizzera a loro immagine e somiglianza, le esperienze con il Milan e con la Lazio hanno forgiato decisamente i due tecnici europei. Ora attendono una “grazia” da terzi qualificati.