Roberto Mancini è sicuramente diverso dagli altri allenatori della Nazionale. Nelle avventure agli europei ci sono delle divergenze, caratteriali o tattiche.
Il lavoro di Roberto Mancini è importante, nonché valorizzato dai fatti. Il gioco espresso dalla Nazionale è un certificato su come gli allenatori possano incidere positivamente in un gruppo, non a caso tutti gli azzurri spendono lodi per il loro tecnico.
Le avventure italiane agli europei hanno avuto proprio un marchio che riguardava gli allenatori della Nazionale, ognuno ci ha messo del suo nel buono o nel cattivo esito finale. Da una parte Roberto Mancini, dall’altra una sfilza di nomi e di allenatori della Nazionale che in passato hanno fatto il bello e il cattivo tempo.
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I confronti possono partire dal 1988, all’epoca gli azzurri erano guidati da Azelio Vicini. Era una selezione che puntava con maggior decisione al mondiale casalingo, tanti erano i giovani da poter svezzare in vista dell’evento storico. La vittoria non arrivò ma ci furono tratti di bel gioco, dovuti proprio a … Roberto Mancini, che più di trent’anni fa giocava in attacco. Saltato il giro del 1992, l’Italia quella edizione degli europei la vide solo… in figurina. La Panini inserì ugualmente la nostra nazionale nell’album, nonostante la mancata partecipazione del gruppo italico.
Un altro confronto tra Roberto Mancini e gli altri allenatori della Nazionale ci riporta ad Arrigo Sacchi. Che nel 1996 fece un turnover controproducente contro la Repubblica Ceca. Sottovalutò il pericolo, l’Italia perse 2-1 e poi mancò la qualificazione ai quarti bloccata dalla Germania. Non ci fu una grande lungimiranza, ma era una squadra come sempre vittima di una tatticità portata all’estremo.
Molto diversa fu l’avventura di Dino Zoff nel 2000. L’Italia aveva fatto un buon gioco nel girone, poi divenne protagonista contro l’Olanda: mai ci fu gara più sofferta in semifinale. Mentre allo step successivo la fortuna si voltò indietro nei minuti di recupero e al golden gol: lì un tecnico può fare ben poco.
Nell’edizione del 2004, Giovanni Trapattoni aveva perso il controllo dello spogliatoio, puntando su un Cristian Vieri fuori forma e lasciando a casa Alberto Gilardino, che aveva segnato più di venti gol con il Parma.
Quattro anni dopo, la nazionale di Roberto Donadoni andò in campo con il titolo di campione del mondo e fu eliminata dalla Spagna ai rigori, che da lì in poi incominciò il suo ciclo. Il tecnico sentì addosso fin troppe colpe e alla fine lasciò l’incarico. Cosa che non fece Cesare Prandelli nel 2012, quella nazionale era stata comunque protagonista al di là della finale persa.
Antonio Conte, invece, è stata l’antitesi di Roberto Mancini, ma su un punto possono andar d’accordo: hanno valorizzato e portato al massimo calciatori che non partivano con la nomea di grandi campioni