La Svezia non cambia mai: squadra difensivista, fastidiosa in campo e poco appariscente. Come se ogni partita fosse una trincea e lo spettacolo un peccato capitale.
Anche in questa edizione degli europei, la Svezia ha mantenuto intatto il suo dna. Che non è proprio un vanto da queste parti, memori anche di qualificazioni mondiali andate in fumo proprio per colpa del gioco scandinavo.
Gli svedesi, oltre alla catena di negozi con mobili a poco prezzo, sono ormai famosi per un calcio ante litteram, dal sapore decisamente post bellico e con pochi sprazzi di fantasia. La nazionale allenata da Andersson è ormai una squadra catenacciara da far impallidire i vecchi allenatori italiani, quelli che giocavano per il famigerato punto che divideva la posta in palio.
Che lo faccia la Svezia nel 2021 è un po’ un’antitesi. Mentre nel resto d’Europa si fa a gara a chi propone maggiormente gioco offensivo, gli svedesi sono invece più accorti, pensano a non prenderle e poi ci penserà il destino. Non è un gioco spumeggiante, è un non-gioco quello della nazionale svedese, che a volte porta anche dei frutti, altre volte delle gran seccature.
Soprattutto contro avversari di livello superiore, quest’aspetto si nota in maniera lapalissiana. Tutti dietro al pallone, barricate, sgomitate e poi ultimi venti minuti per provare a segnare. La dimostrazione è arrivata, ad esempio, contro la ben più qualitativa Slovacchia nel secondo match: il gol di Forsberg decisivo è arrivato dopo 77 minuti su calcio di rigore.
Italia e Spagna vittime illustri
La Svezia ci eliminò dal mondiale russo segnando un gol all’andata e chiudendosi a San Siro, gli bastò l’unico tiro in 180 minuti per andare alla competizione intercontinentale senza fare granché. Fu il punto più basso per l’Italia, lo raggiunse contro una nazionale che seppe difendersi. Se poi consideriamo come Insigne fu tenuto in panchina e Quagliarella nemmeno convocato, aggiungiamo ancora del sale a una ferita apertissima.
La Spagna, nella prima gara, è caduta nella trappola difensivista. La Svezia ha atteso gli avversari, lasciando lì davanti Isak, centravanti di belle speranze che gioca proprio in Liga nella Real Sociedad. Ha toccato pochissimi palloni, l’obiettivo era di strappare un punto e alla fine il punto è arrivato. La Spagna non era ispiratissima, ma il pressing a oltranza dei gialloblu è stato spesso decisivo.
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La domanda è d’obbligo: si sarebbero comportati così gli svedesi anche con Zlatan Ibrahimovic in campo? Sicuramente avrebbe portato a far salire i suoi, non sopportando il gioco particolarmente mellifluo mostrato negli europei. Avrebbe dato una svegliata, perché il gioco del calcio è bello perché propositivo.
Non è un caso che il ritorno in campo di Dejan Kulusevski abbia scombussolato i piani ultra difensivisti, e la Svezia abbia vinto il girone vincendo 3-2 contro la Polonia.
Vedremo il futuro cosa riserverà a questa nazionale: se è la meno sopportata in tutta Europa, ci sarà un motivo…