Cinque anni fa la finalissima tra Portogallo e Francia decise l’edizione di Euro 2016. La grande delusione dei blues e la prima grande gioia di Cristiano Ronaldo nel menù.
Era il 10 luglio 2016, una data che né in Portogallo e né in Francia scorderanno per un pezzo. In terra lusitana perché – finalmente – Cristiano Ronaldo portò agli allori i suoi compagni, pur senza fare moltissimo in finale. Dall’altra parte, il paese organizzatore di Euro 2016 rimase a bocca asciutta praticamente quando già stavano partendo i festeggiamenti.
La storia di quel Portogallo-Francia rimarrà per sempre impressa, per la straordinaria capacità del calcio di intrecciare vicende varie intorno a un pallone che rotola. Non è un caso che, per assurdità, questa finale è passata davanti a tante altre, paradossalmente anche a quella del 2004. Quando la Grecia riuscì a sconfiggere il Portogallo proprio in terra lusitana: lì basto un colpo di testa di Charisteas per premiare gli ellenici.
In questo caso, ci fu molto da immaginare e poco da… scommettere. Perché quella partita del 10 luglio 2016 tra Portogallo e Francia sembrava un segno del destino. Per i francesi, che giocavano nel loro Stade de France da tutto esaurito e avevano riempito la struttura in ogni ordine di posto.
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Eder, l’uomo del destino
Così, il cammino delle due squadre prima del 10 luglio fu anche particolare. La Francia ebbe maggiore continuità, aveva un pubblico caldo accanto e non si faceva problemi nel lanciare nuovi campioni in maglia blues.
Molto più complicato il cammino del Portogallo. Che passò il girone come migliore terza, e continuò a non incantare. Era la squadra con i vecchi leader, c’era ancora Bruno Alves insieme a Pepe, mentre Cristiano Ronaldo era sempre indispensabile lì davanti. Emergeva qualche giovane come Renato Sanches, ma mai nessuno poteva prevedere una finale per i lusitani. Ci arrivarono con la bellezza di cinque pareggi in sei partite nei novanta minuti, era una squadra letale soprattutto al calare della stanchezza altrui.
Lo sapeva la Francia e lo… applicò, anche in maniera brusca. L’intervento di Payet su CR7 fu analizzato al dettaglio da tutte le moviole del mondo, ma il francese rimase in campo e il portoghese no. Dalla panchina cominciò a motivare i compagni, più che a dare indicazioni tattiche (per quello bastava Fernando Santos). Mentre Didier Deschamps non trovò la chiave giusta per scardinare i lusitani, stranamente efficienti in difesa.
Fino al momento di Eder. Uno che non doveva nemmeno esserci, giocava nel Lille e aveva segnato pochissimo. Ma segnò, invece, al momento giusto, quando i rigori sembravano una seria possibilità. Una rasoiata, un colpo mandato forse dal destino, chissà. Tanto bastò per fare impazzire una nazione intera. E farne impazzire – negativamente – un’altra.