Boris e il mondo del calcio: un rapporto che è continuato con meme, situazioni e molti modi di dire ormai assorbiti dai tifosi italiani.
Che quella di Boris sia una situazione di fiction perfettamente riuscita ormai è sotto gli occhi di tutti. Anzi… gli occhi del cuore del pubblico italiano sono stati così assorbiti, da rendere ormai anche il calcio italiano una sorta di grande fiction a cielo aperto.
Perché, in effetti, se Boris ha avuto così successo, è anche perché molte frasi e molte situazioni possono essere applicate, pur con grande comicità, nella vita quotidiana. E il calcio, in quanto a comicità, spesso non è secondo a nessun genere.
In effetti, la storia di Boris riguarda, sostanzialmente, cosa succede nel sistema italiana e guardando al calcio nostrano c’è da mettersi le mani nei capelli. Senza entrare troppo nel capitolo delle raccomandazioni, sicuramente c’è un regista come Renè Ferretti che si trova in situazioni difficili. Magari in squadre sulla via del fallimento e come… allenatore deve cavare qualcosa di salvabile da un gruppo di calciatori non certo invogliati dai mancati pagamenti.
Così… gli straordinari di aprile invocati da Augusto Biascica sono spesso il guaio del calcio italiano, con pagamenti ritardati soprattutto in seconda e terza serie. Anche ben prima del fattore covid.
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Rimane sempre il rimpianto di non aver visto mai Pierfrancesco Favino interpretare Luciano Moggi, come agognato nelle ultime puntate di Boris. Ma sicuramente c’è molto da raccontare pensando a questa celeberrima serie tv – che tornerà nel 2022 – intrecciandola con lo sport nazionale popolare.
Chi avrebbe mai pensato a Sergio Brio come una comparsata? Ebbene sì… si “puntava al sole” e scelsero l’ex centrale juventino degli anni Ottanta, impelagato in una storia più grande di lui. E, in una scena, recita… con un calciatore del futuro. Perché il figlio di Paolo Calabresi, alias Biascica jr, è in realtà proprio un calciatore. Arturo Calabresi, infatti, è un difensore cresciuto nel settore giovanile della Roma, con esperienze poi al Bologna, in Francia all’Amiens e al Cagliari.
Sicuramente sarebbe stato l’orgoglio del protagonista di Boris, che chiamò il figlio Francesco Totti. Proprio a celebrarne quella profonda devozione dei tifosi romanisti nei riguardi del loro ideale.
Come non pensare, inoltre, a Nando Martellone. Il suo tormentone è spesso detto da quanti vedono la propria squadra segnare all’ultimo minuto. Quasi come uno sbuffare di cavallo era quello sberleffo recitato da Massimiliano Bruno, che in un’intervista post gara ripetette anche Stephan Lichtsteiner, poco avvezzo ai modi di dire italici.
Se Boris ha preso spunto dal calcio italiano o viceversa è un quesito curioso. Sicuramente la quarta serie ne avrà di spunti da raccontare.