Il rapporto tra il calcio e la radio sta cambiando con questo spezzatino. Le classiche trasmissioni stanno cercando di evolversi, anche se non è facile.
Il calcio spezzatino ha praticamente cambiato anche il modo di intendere la radio. Perché è innegabile come, non essendoci sessanta milioni di abbonamenti alle pay tv, come una fetta corposa di pubblico ascolti inevitabilmente la radio. Che è ancora un classico, una sorta di rituale a cui molti non rinunciano.
Proprio per la sua capacità di essere multitasking e di poter – al contempo – essere una compagnia discreta e non invasiva. Tanti uomini hanno salvato… rapporti di coppia semplicemente con un auricolare accompagnando mogli e fidanzate nei centri commerciali, altri hanno fatto delle gite senza il peso e l’ansia di non sapere i risultati.
D’altronde è stato anche un elemento cinematografico di non poco conto. La radio come il sogno collettivo per ascoltare i risultati di calcio, il rituale della colonna del Totocalcio per ascoltare i risultati e scoprire se la propria vita era cambiata. Una rarità nei fatti, un’abitudine domenicale che ha tenuto incollato gli italiani per anni, con cambiamenti ed epoche importanti nel corso dei decenni. Se anche nei sequestri di persona, la radio e i risultati di calcio erano un momento sacro, qualcosa vorrà pur dire.
Come cambia l’ascolto
In effetti, già le prime due puntate di Tutto il calcio minuto per minuto hanno risentito degli effetti del spezzatino sportivo. Domenica 22 agosto è andata in onda la trasmissione integrando le due gare di Serie A con le altre di Serie B, stessa cosa due giorni fa si è ripetuta sempre sul serale. In effetti, i vertici di Radio 1 non hanno intenzione di togliere di mezzo una trasmissione storica, anche se fortemente penalizzata.
La radio come sogno collettivo o come necessità è vitale anche per il calcio, perché per il tempo che ognuno passa in macchina si sente praticamente l’esigenza di informarsi in modo accurato. La radio ha pochi fronzoli, il calcio ne assume quasi valenza poetica.
Non è un caso che Francesco Repice, radiocronista della Nazionale, sia tra i più ascoltati anche a distanza di settimane. Semplicemente da brividi il suo racconto della finale, quel suo «Siamo… Siamo… Siamo… Campioni d’Europa» come uno slogan della rinascita italiana, poi proseguita anche con l’ottimo cammino di Tokyo 2020 per lo sport nostrano.
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È questa l’essenza di un pallone che rotola senza poterlo vedere, immaginandolo in qualche modo adagiarsi verso la rete. Le onde medie erano la compagnia di chi poi con il calcio ha trovato un lavoro redditizio, sognando quella voce spezzata a interrompere per segnalare il gol della propria squadra del cuore. Sottofondo con il boato, gioia per tutta la casa, è l’immagine di un’Italia difficilmente ripetibile.