La democrazia Corinthiana è spesso richiamata dai calciatori quando i carichi di lavoro diventano enormi. Non tutti sanno che in realtà fu un modello più vincente che utopico.
Quando c’è poca voglia di allenarsi, quando i carichi di lavoro sono pesanti e non reggono più le gambe, l’ambiente del calcio richiama sempre al passato. Facendo spesso della democrazia Corinthiana una sorta di slogan, come una specie di … calcio d’angolo ideale dove poter liberalizzare i pensieri.
Per quanti pensano che sia stata una sorta di felice anarchia, bisogna probabilmente cambiare registro. Forse fu qualcosa di controrivoluzionario, forse un modello che allo stato attuale sarebbe addirittura impensabile. Tutto sommato, guardando anche a quanto fatto, fu uno dei pochi modelli di sinistra con delle regole – nonostante tutto – che portò a dei risultati importanti.
La democrazia Corinthiana aveva delle regole, nonostante una libera interpretazione del gioco del calcio, con metodi davvero democratici di pace e discussione, che portarono a un modello unico nel suo genere e, proprio per questo, poco ripetuto.
Sarebbe impensabile, da queste parti, applicare un sistema simile. Immaginate una Juve che avrebbe messo sullo stesso piano Cristiano Ronaldo e un ragazzo appena affacciato dalla primavera o dall’Under 23, ci sarebbero state tonnellate di polemiche e quasi di interrogazioni parlamentari.
Da Socrates a Casagrande, idee e risultati
La democrazia Corinthiana nacque nel 1982, dopo il cambio di presidenza e il mandato affidato in mano a Pires. Il malessere dei calciatori, stressati e con problemi di vario genere, emersero tutti e rimasero quasi in una bolla. Perché la discussione era la base di tutto, così l’idea di una democrazia sembrò la migliore.
Non a caso… fu Socrates il profeta, il nome era già abbastanza indicativo e si fece affiancare anche da altri calciatori nell’avventura, come Walter Casagrande, che in Italia giocò con Ascoli e Torino. Socrates, prima della dimenticabile avventura di Firenze, divenne leader di un movimento di sinistra che portava in campo pace, cultura, giustizia e qualche buon risultato.
I messaggi carichi di significato erano studiati prima delle gare, le maglie più che uno sponsor portavano un monito sociale da diffondere in tutto lo stadio. Un monito che era analizzato negli allenamenti – pochi e senza grande intensità – e negli spogliatoi, con discussioni che duravano delle ore come in una sorta di parlamento.
L’allenatore era una sorta di figura ornamentale, serviva giusto a livello regolamentare, mentre i grandi leader della squadra diffondevano il verbo. Un verbo efficace, nel 1982 e 1983 il Corinthias vinse il campionato paulista e riuscì, con questa trovata, ad appianare i suoi debiti.
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Poi tutto si dissolse, l’Europa arrivò per i migliori e Socrates fu acquistato dalla Fiorentina e non scambiato – almeno dai dirigenti viola – per un medico gastrico dell’ospedale di Rio…