Bryan Reynolds alla Roma è passato da giovane ambito a indesiderato: in meno di un anno una strana parabola per il difensore americano, che a gennaio dovrà cambiare aria.
Quando una gara potrebbe decidere una carriera intera. Partita autunnale di Europa Conference League tra Bodo Glimt e Roma, un giovedì sera come tanti per quanti stanno davanti alla tv. Non per chi è in campo, per gente che deve-dovrebbe mangiare l’erba a morsi: è questo ciò che pensava Josè Mourinho. Che schierò le seconde linee, ricevendo in cambio addirittura sei gol presi, come se d’un tratto il Bodo Glimt fosse diventato una sorta di corazzata Potemkin cui schiantarsi.
Dire che lo Special One se la sia presa è un eufemismo, sono partite le ramanzine con due zeta, che hanno messo in pratica fuori dal progetto romanista alcuni elementi. Tra cui Bryan Reynolds, calciatore arrivato in Italia quasi con le stimmate del predestinato, terzino o laterale che dir si voglia, alla ricerca ancora di una sua identità. Perché un conto era giocare in America nei campi con le yard, un conto nella più tattica Europa. Se ne accorse Mourinho, se ne accorse forse lo stesso giocatore che andò in bambola contro i norvegesi, vedendo quei colossi biondi sbucare un po’ dovunque.
Un abbaglio o una parentesi?
Il grande dubbio su Bryan Reynolds attanaglia quanti avevano puntato sulla sua maturazione in Italia. La Roma lo ha levato a una folta concorrenza, dodici mesi fa ogni club europeo aveva appuntato il nome dell’americano nella lista degli acquisti.
La spuntò il club giallorosso, investì sette milioni e levò al Dallas quello che veniva definito come il miglior prospetto americano del calcio. Esordì in Serie A nella sconfitta di Parma, poi mise insieme altre due presenze la scorsa stagione. Quest’anno qualche scampolo in campionato, altri in Conference sino al capolavoro all’incontrario contro il Bodo Glimt.
Per Bryan Reynolds praticamente le chance sono già finite forse prima ancora di iniziare, un po’ per demerito suo, un po’ anche per occasioni mancate. Perché l’americano doveva decisamente crescere e maturare in campo, non era di certo pronto per l’occasione giallorossa. Lo fece capire velatamente il tecnico portoghese nel preferirgli Riccardo Calafiori, o addirittura arretrando Stefan El Shaarawy.
POTREBBE ANCHE INTERESSARTI >>> 12 mesi fa sembrava vicinissimo a un’altra big
C’è da dire che il ventenne americano dalle sue parti aveva stupito, esordendo nel marzo scorso in nazionale contro l’Irlanda (2-1 per gli Usa il risultato finale), era risultato MVP nel suo torneo e aveva dato prova di grande maturità. Quella che servirebbe di questi tempi per non essere bollato come bidone: se la Roma contribuirà nell’ingaggio, allora Reynolds potrebbe trovare una media realtà dove potersi esprimere. E magari far capire davvero quale sia il suo reale potenziale.