Gli arbitri e la comunicazione viaggiano su uno strano rapporto. Tra un’Aia che cerca di aprirsi al mondo e allenatori che continuano a inveire contro i direttori di gara.
Tra gli arbitri e il mondo c’è un progetto chiamato comunicazione. Da migliorare sicuramente nel mondo del calcio, proprio perché ormai c’è l’esigenza di sapere tutto e in ogni momento. Progressi della tecnologia, evoluzione della specie e nuove esigenze accompagnano tutti in un percorso che possa portare a migliorare i relativi ambiti calcistici.
Se n’è accorta anche l’Aia, un po’ in crisi di vocazione che con il nuovo corso targato Trentalange prova ad aprirsi un po’ di più. Sicuramente importante è il doppio tesseramento giovanile, ovvero un giovane arbitro sino ai 17 anni può anche militare da calciatore in un club. Cosa utile soprattutto per far capire, ai giovani fischietti, quale possa essere il miglior posizionamento, proprio entrando in una doppia dimensione.
Inoltre, gli arbitri – saltuariamente – potranno essere protagonisti in tv. A prendere questa sorta di “esclusiva” è stata la Rai, che in 90° minuto la scorsa stagione ospitò Daniele Orsato, che analizzò alcuni episodi proprio fischiati compreso il famigerato fallo di Miralem Pjanic di tre stagioni prima contro l’Inter (ce n’era proprio bisogno?). Molto altro, però, deve essere fatto per migliorare il binomio arbitro-comunicazione.
Proprio lo stesso Alfredo Trentalange nella trasmissione della Rai è stato ospite qualche settimana fa, a dire come da parte della federazione ci sarà sempre più un’apertura globale sul mondo della comunicazione, per quanto sia possibile.
Per il momento possiamo solo sognare un arbitro che, dopo dieci minuti dal termine di una partita, vada al microfono a spiegare le scelte, a mo’ di allenatore in conferenza. Ma non mancheranno i piccoli passi verso il futuro, sempre guardando con curiosità – e non con scetticismo – a quanto accade fuori dai nostri confini. I dialoghi tra var e arbitro, spesso invocati, all’estero sono addirittura visionabili su Youtube, come nel caso delle qualificazioni Comnebol, che rendono pubbliche le comunicazioni avvenute tra il direttore di gare in campo e quanto accade nelle stanze.
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In Italia basterebbe poco, anche far calmare gli allenatori, spesso presi dal morso della tarantola contro i direttori di gara. Pur con l’alibi dell’adrenalina, alcuni tecnici si scagliano inferociti contro i direttori di gara, spesso poco abituati a gestire allenatori con carisma. Mostrare un giallo o un rosso forse porta a poco, ci sarà bisogno in futuro proprio di corsi congiunti per migliorare e smussare tutte le difficoltà sinora riscontrare. Un po’ di calma e di maggior comunicazione – nel mondo del calcio – non guasterebbe di certo. Né per l’arbitro, né per i protagonisti in campo.