Campedelli alle Iene ritorna sul caso del Chievo e spiega le divergenze di comportamento dei vertici del calcio. Attacchi pesanti.
Il volto serio, come sempre, ma con un filo di tristezza, forse di rabbia, sicuro di rassegnazione. Campedelli ha visto svanire il sogno del suo Chievo, che per anni si è imposto in Serie A con merito, capacità di saper fare calcio e azienda. E con la voglia di emergere fra le big. Alle Iene Campedelli ha spiegato quanto accaduto, ed ha svelato alcuni aspetti di un lato del calcio che dopo l’inchiesta “Prisma” sta emergendo con forza.
In una lunga e dettagliata intervista, magistralmente messa in piedi dall’inviato delle Iene, il numero uno del Chievo è stato incisivo e diretto. “Non è solo amarezza, è un senso di ingiustizia. In questo calcio il più pulito ha la rogna – ha ammesso –, ma la cosa che più pesa è che comportarsi bene o male non fa alcuna differenza. Anzi chi si comporta peggio ha più diritti”. Poi si spiega e attacca.
“Se avessi la bacchetta magica tornerei a Veronello. A respirare l’erba, ridere, parlare con i calciatori”. Finisce così l’intervista delle Iene a Campedelli, e nel suo ultimo pensiero si legge la tristezza per un capolavoro creato dal nulla, che è sfumato dopo la decisione di cancellare il club. I motivi li ha spiegati proprio il presidente, raccontando di un debito della società che con il blocco delle cartelle esattoriali non è stato onorato. Un guaio burocratico, che ha raso al suolo ingiustamente 30 anni di storia. “Abbiamo divertito l’Italia – ha affermato Campedelli – oggi non sto benissimo. Ho più avvocati che giocatori”. Poi l’affondo.
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“É vero quanto sostengono le squadre piccole – afferma – per chi non fa parte di un certo tipo di sistema le regole si applicano in maniera ferrea. Per altri si interpretano. Nell’ambiente del calcio le amicizie non esistono. Ho la brutta abitudine che dico ciò che non va bene. Non sono un santo ma sono chiaro”. Poi spiega quanto accaduto. “Potevamo pagare il debito, ma con il blocco imposto dall’agenzia delle entrate non è stato possibile. Secondo la Federazione avremmo dovuto pagare tutto in una volta”. E invece altri club lo fanno. Un paradosso. Soprattutto alla luce di quanto emerso nella recente inchiesta e dalle spese dei top club, che poi dilazionano il debito o ricorrono alle plusvalenze. “Non sto bene – chiosa Campedelli – mi manca il pallone, è stata una profonda ingiustizia”.